Breve storia dell’ex-mutua occupata di via Orfanotrofio.

Siamo nel 1919. Ai primi di aprile le leghe sindacali astigiane, su iniziativa degli operai della Waya-Assauto, si incontrano e istituiscono una cassa iniziale di 10.000 lire per l’edificazione di una casa dei metallurgici in via Orfanotrofio n. 7.

E’ un periodo di grandi agitazioni operaie. Contro il carovita, per la conquista delle otto ore lavorative e per i minimi di salario garantiti. In tutta Italia, e anche ad Asti dove si susseguono agitazioni e scioperi. E dove il primo maggio del 1920 viene inaugurata la Casa dei metallurgici ” a cui la più combattiva e radicale delle leghe ha imposto il proprio nome, non aderendo alle richieste riformiste e dell’Amministrazione comunale di chiamarla più genericamente Casa del popolo”.

La Casa è composta da 32 vani con un giardino annesso. Una parte è affittata a scopo abitativo agli iscritti, il resto è adibito ad usi sociali.

Le attività svolte all’interno sono molteplici: feste di beneficenza, gestione di un circolo ricreativo, scuole professionali e attività culturali. Ma soprattutto raccolta di fondi per l’assistenza medica e per i disoccupati. Importante è anche la gestione della biblioteca, composta da circa 500 volumi ed abbonata a molti periodici, tra i quali “Umanità Nova”, l’”Ordine Nuovo”, l’”Avvenire Anarchico” e l’”Avanti”.

Alla fine dell’estate del 1920 gli operai impegnati nelle attività della Casa dei Metallurgici proveranno a occupare la Waya-Assauto, dietro la spinta di un gruppo di massimalisti e anarchici che cercano di “imprimere un’impennata alla protesta” operaia. Tra questi spicca l’anarchico Carlo Giovanni Vogliolo (classe 1881), individuato dalla polizia come uno dei principali promotori della fallita occupazione. Accanto a questo militante libertario troviamo un suo compagno di fede di vent’anni più giovane: Amerio Felice. Da quanto si può leggere nella sentenza del tribunale di Asti, nel giugno del 1920 la polizia viene a conoscenza di come questi “si esercitasse sul greto del Tanaro, mediante una rivoltella assieme altri compagni, al tiro a segno”. A seguito di tale segnalazione le forze dell’ordine eseguono una perquisizione a casa della famiglia Amerio, rinvenendo propaganda antimilitarista e materiali sottratti dalla Waya-Assauto, fabbrica dove Felice lavora insieme al padre. Si tratta niente più che di ferraglia, residui della produzione bellica dello stabilimento. Ma, nonostante anche la perizia tecnica provi l’impossibilità di fabbricare con tali materiali esplosivi funzionanti, il ritrovamento gli vale una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione. Pesa sulla decisione del giudice il fatto che egli si dichiari apertamente anarchico e una serie di considerazioni circa il clima di fermento che investe anche Asti in questo periodo.

Nel gennaio del 1921, con il congresso di Livorno del partito socialista italiano, si ufficializza quella rottura tra riformisti e massimalisti che porterà alla creazione del partito comunista. La sezione di comunisti astigiani troverà sede proprio in due stanze al terzo piano della Casa dei Metallurgici di via Orfanotrofio.

E’ questo il periodo in cui anche i fascisti, organizzati in squadracce, incominciano ad affacciarsi sulla scena politica. Ad Asti, nel maggio del 1921, un anarchico astigiano residente in Corso Alfieri, Clemente Gianotti, viene fatto oggetto di un pestaggio da parte di squadristi fascisti. E nel luglio dello stesso anno la Casa dei Metallurgici viene attaccata. Gli operai si barricano dentro con pietre, bastoni e una rivoltella e impediscono l’ingresso dei fascisti per un’intera notte. Tale episodio non impedirà però la devastazione della sede da parte delle squadracce, che invaderanno la Casa di via Orfanotrofio nei giorni successivi, approfittando vigliaccamente di un momento in cui solo due persone sono presenti all’interno. Presidente in questo difficile periodo è un altro anarchico: Stefano Faletti il quale, di fronte al dilagare della violenza e della repressione, si farà promotore di numerose iniziative a favore dei perseguitati politici.

Nel marzo del 1922 viene devastata la Camera del Lavoro sita in via XX settembre mentre aumentano i morti per mano squadrista e il fascismo acquisisce sempre più forza, iniziando sempre più, a livello nazionale, una compenetrazione istituzionale. Inizia così un ventennio fatto di persecuzioni continue ai danni di quegli antifascisti che si rifiuteranno di appoggiare il progetto totalitario mussoliniano.

Di pari passo con l’avanzare del fascismo, sono i tentativi di appropriazione della Casa dei Metallurgici. Il segretario delle Corporazioni astigiane chiede di ospitare gli uffici del sindacato fascista in alcuni locali della società e in seguito vengono fatte pressioni affinché la Società dei metallurgici si iscriva alla Federazione delle Società Mutue. I metallurgici si oppongono, ma la situazione e i margini di manovra si riducono sempre più. Nel 1927 il prefetto di Alessandria impone d’autorità un nuovo presidente della Società, senza elezioni. Qualche giorno dopo anche il consiglio di amministrazione viene sciolto. Negli anni che seguono, la Società dei metallurgici perde progressivamente la propria identità. Nel febbraio del 1930 vengono sfrattate due famiglie che non risultano essere iscritte al partito fascista e l’anno successivo la società è smembrata e ridotta a livello aziendale. La fine giunge nel 1936 quando la proprietà passa all’unione fascista dei sindacati dell’industria. Alla fine della guerra l’A.s.l. adibirà i locali a sede di sportelli e ambulatori.

Per approfondimenti su questa vicenda si rimanda a: Mario Renosio, Tra mito sovietico e riformismo. Identità, storia e organizzazione dei comunisti astigiani (1921 – 1975), Edizioni gruppo Abele, Torino, 1999. Walter Gonella, “Qui era la fabbrica più bella che c’era”. La Waya-assauto tra storia e memoria, Israt, 2008. M. Amerio, Come il fascismo eliminò la società dei metallurgici, Quaderno di storia contemporanea n. 15, Isral, anno VIII, anno 1985.

W.